Storia dell’acquacotta
Un tempo, quando la miseria propagava nelle periferie delle città di Firenze e del Gran ducato di Toscana sotto la guida dei Medici, l’acquacotta era il pasto delle classi meno agiate e veniva appellata col nome di “piatto della sopravvivenza” o “scaldastomaco”. Un piatto umile, rustico e limitato alla ristretta economia di chi lo preparava. L’acquacotta è un zuppa povera, tipica della cucina toscana tradizionale. In origine era preparata con sole fette di pane stantio inzuppato in acqua bollente e cipolle, e, per chi poteva permetterselo, con una lacrima di olio di oliva e con una grattugiata di pecorino. Altri ingredienti rientravano in questa zuppa a secondo della stagione e delle zone. Da questa versione nasce l’acquacotta alla maremmana, più ricca e sostanziosa in quanto un tempo i butteri, agiati economicamente, potevano permettersi di impreziosire la ricetta con verdure, borragine, ma sopratutto con pecorino e uova. Si annovera anche una versione di acquacotta di Santa Fiora, alla quale si aggiungono patate e salsa di pomodoro.
Ricetta dell’acquacotta
Dosi per 4 persone
Questa che segue è la versione povera dell’acquacotta toscana, così come riportata negli antichi ricettari della gastronomia regionale.
- 2 cipolle medie bionde
- 1 pezzetto intero di pancetta o un cucchiaio di lardo
- 4 fette di pane toscano sciocco (senza sale) tostate
- sale fino
- pecorino grattugiato
- pepe bianco a piacere
Procedimento
Scalda una padella sul fuoco, struscia sul fondo il pezzo di pancetta e nel grasso formatosi versa le cipolle, regola di sale e pepe e lascia crogiolare a fuoco dolce fino a quando le cipolle si saranno ammorbidite.
Aggiungi acqua (o brodo) e lascia stufare fino a cottura ultimata delle cipolle. Versa la zuppa in piatti fondi con le fette di pane. Spolvera con pecorino e irrora con un filo di olio di oliva extravergine.